DISCESA ALL'ADE. AUSCHWITZ E BRESLAVIA, 1966 di ANDERS GUNTHER; FABIAN S. (CUR.)
DISCESA ALL'ADE. AUSCHWITZ E BRESLAVIA, 1966 - ANDERS GUNTHER; FABIAN S. (CUR.)

DISCESA ALL'ADE. AUSCHWITZ E BRESLAVIA, 1966

ANDERS GUNTHER; FABIAN S. (CUR.)

BOLLATI BORINGHIERI

16,00
  • Collana: TEMI   nà 172
  • Data di pubblicazione: 21/02/08
  • Prezzo di listino: 16,00
  • Disponibilità: Non presente in libreria
  • Reperibilità: Non ordinabile
  • ISBN: 9788833918433

Abstract / quarta di copertina

Nel luglio 1966 Gunther Anders, in compagnia della terza moglie Charlotte Zelka, raggiunge la Polonia. I luoghi visitati dovrebbero stare sotto segni opposti: l'orrore innominabile di Auschwitz, a cui l'ebreo Anders è scampato perché esule negli Stati Uniti, che cosa ha da spartire con il paesaggio affettivo di Breslavia, la città della Slesia che lo vide nascere e andarsene appena adolescente, quando ancora il suo cognome era Stern? Degermanizzata dopo la guerra, nel nuovo ordine geopolitico la Breslau di un tempo è ormai la polacca Wroclaw, e il tentativo di riconoscervi tracce familiari è destinato allo scacco. Nessun idillio della memoria conforterà il sopravvissuto Anders-Stern nella "Heimat", sconvolta per sempre dalla dismisura di ciò che accadde. Ad attenderlo, solo lo spaesamento e il mondo tellurico delle ombre, dove l'appartenenza assume l'aspetto inquietante dell'estraneità. "Cio che spaventa non è quello che non c'è più, non il vuoto, ma al contrario le cose che, casualmente, continuano a esserci nel vuoto che in realtà ci aspettiamo." Un pellegrinaggio infero tra unicità del ricordo individuale e grande storia, dove ancora una volta l'acutissimo sguardo di Anders mette a nudo la modernità in disfacimento.

L’attraversamento di due inferni, quello dello sterminio e quello del passato ormai irriconoscibile. Un pellegrinaggio infero tra unicità del ricordo individuale e grande storia, dove ancora una volta l’acutissimo sguardo di Anders mette a nudo la modernità in disfacimento. Nel luglio 1966 Günther Anders, in compagnia della terza moglie Charlotte Zelka, raggiunge la Polonia, o meglio scende agli inferi, come titolerà il suo diario di viaggio. I luoghi visitati dovrebbero stare sotto segni opposti: l’orrore innominabile di Auschwitz, a cui l’ebreo Anders è scampato perché esule negli Stati Uniti, che cosa ha da spartire con il paesaggio affettivo di Breslavia, la città della Slesia che lo vide nascere e andarsene con la famiglia appena adolescente, quando ancora il suo cognome era Stern? Degermanizzata dopo la guerra, nel nuovo ordine geopolitico la Breslau di un tempo è ormai la polacca Wrok∂aw, e il tentativo di riconoscervi tracce familiari è destinato allo scacco. Nessun idillio della memoria conforterà il sopravvissuto Anders-Stern nella Heimat, sconvolta per sempre dalla dismisura di ciò che accadde. Ad attenderlo, solo lo spaesamento e il mondo tellurico delle ombre, dove l’appartenenza assume l’aspetto inquietante dell’estraneità. «Ciò che spaventa non è quello che non c’è più, non il vuoto, ma al contrario le cose che, casualmente, continuano a esserci nel vuoto che in realtà ci aspettiamo». Un pellegrinaggio infero tra unicità del ricordo individuale e grande storia, dove ancora una volta l’acutissimo sguardo di Anders mette a nudo la modernità in disfacimento. Günther Anders (pseudonimo di Günther Stern, 1902-1992) fu uno dei maggiori filosofi non accademici del Novecento. Rientrato dagli Stati Uniti in Europa nel 1950, dopo un lungo esilio, divenne noto sia per la pubblicistica sull’allarme atomico (Essere o non essere e La coscienza al bando, entrambi Einaudi, 1961 e 1962) sia per la sua riflessione sul «dislivello prometeico» tra l’uomo e la tecnica, affidata all’opera maggiore, L’uomo è antiquato, apparsa nelle nostre edizioni.